Il “Chanting” è la pratica della recitazione di versi appartenenti al Veda (il “sapere” rivelato o tramandato). Piccoli gruppi di versi vengono chiamati Mantra. Questa è una pratica molto antica e trasversale alle culture e religioni del sud est asiatico.
Il mantra è un modo per sviluppare un pensiero e un’attenzione diretti verso un unico oggetto (i versi che si stanno recitando appunto). L’effetto che si ottiene è una mente più lucida, e si sviluppano attenzione e concentrazione.
Parte degli esercizi che facciamo durante il prāṇāyāma, inoltre, enfatizzano la lunghezza dell’espirazione “preparando” l’apparato respiratorio alla lunga emissione di aria che consente di cantare alcuni mantra “di un fiato”. Di fatto le pratiche della recitazione e della respirazione sono strettamente connesse.
Da non sottovalutare, infine, è il controllo della fonazione e del respiro durante la recitazione. Il sanscrito contiene suoni che costringono la lingua a muoversi in maniera inusuale “allenando”, oltre la lingua stessa ovviamente, l’esofago fino ad arrivare allo stomaco.
Ma per recitare i mantra vedici dobbiamo essere induisti o buddhisti?
La risposta è no!
Anche in questo caso, come spesso avvenuto nella sua storia, la nostra disciplina ha adattato una pratica della tradizione monastica o ascetica alle persone che possono trarne beneficio: sia ai credenti che in questo modo manifestano la propria devozione alle forze della natura, sia ai laici che cercano un semplice strumento di benessere personale (e a tutte le sfumature che si collocano fra questi due estremi).
D’altra parte già dal secondo secolo a.C., in alcuni testi che i religiosi indiani ritengono “rivelati”, si precisa proprio che il potere benefico di questa pratica è indipendente dal significato di ciò che si sta recitando ma risiede esclusivamente nella sonorità.
Come succede per tutto quello che riguarda lo yoga, non conta “cosa” si fa ma “come” si fa.
Recitare un Mantra non implica assolutamente l’appartenenza a un gruppo religioso e non è necessario conoscere il sanscrito (lingua in cui è formulata la maggior parte dei mantra) per beneficiare degli effetti mentali che induce questa pratica.
Un’altra domanda mi viene posta spesso: “I mantra si possono recitare intonando una melodia?”.
Cantanti e band a tutti i livelli di notorietà (da Madonna al sottoscritto che si diletta strimpellando) hanno fatto di alcuni mantra il testo per loro canzoni.
Non mi risulta che qualcuno sia stato colpito da fulmini o anatemi… a dimostrazione che la religione c’entra solo per chi vuole farla entrare.
Certo che si possono cantare! Se ne trovano di bellissimi in rete.
Detto questo, la mia preferenza va alla salmodia. La trovo più efficace per “sciogliere la rete dei pensieri”. Mentre per altre persone è probabile che funzioni benissimo allo stesso scopo anche il canto melodioso.
Di sicuro, in un modo o nell’altro vale la pena provare!